Goditi i sapori della cucina piacentina! Sapori inconfondibili da una terra ricca, accudita con amore e pazienza: così nascono i nostri prodotti DE.CO (Denominazione Comunale), la loro qualità e la gustosa tradizionale culinaria dell’ Alta Val Tidone.
Il nostro Tartufo è da sempre un prodotto valorizzato dalla Regione, grazie a leggi e associazioni impegnate nella conservazione della ricchezza degli ecosistemi naturali che ne conservano il patrimonio. Ci sono prove che la raccolta del tartufo a Pecorara (a scopo commerciale) ha inizio almeno negli anni 60, anche se per la prima manifestazione a Pecorara dedicata al tartufo bisognerà aspettare 30 anni, più precisamente il 9 Dicembre 1990.
Il Marchio di Certificazione appellato Denominazione Comunale (DE.CO.) di Alta Val Tidone viene attribuito al Tartufo cavato durante il periodo che va dal 25 settembre al 15 gennaio, e deve risultare bello ed esemplare: devono risultare integri, sodi, non elastici, che varia dal bianco perla all’ocra pallido ed al crema scuro (per il tartufo bianco), oppure dal marrone a marrone scuro (per il tartufo nero). Anche la superficie è importante, in quanto deve essere liscia e leggermente vellutata (tartufo bianco) o con bugnature più o meno marcate (tartufo nero), con un profumo intenso, di fieno e miele.
Genepreto vanta dal 1974 la Sagra della Coppa Arrosto. Gli ingredienti del piatto sono semplici e ricchi di sapore: capocollo di suino adulto, Pancetta piacentina DOP, olio di oliva, salvia, rosmarino, vino bianco e sale grosso. Dopo la sua tipica cottura che va dalle 3 alle 4 ore, ovvero quando il grasso del capocollo ha assunto il caratteristico aspetto, viene servita, secondo la tradizione, affettata.
Nella comune accezione il termine batarô indica un pane battuto, ovvero ridotto in altezza. Fonti orali, raccolte sul territorio di Alta Val Tidone, hanno confermato questa versione, ed hanno altrettanto attestato che, nel linguaggio locale, è entrato a far parte un altro tipo di batarô, un elaborato a base di farina che, infornato, si rigonfia e si divide nel mezzo. Le due metà, non completamente scisse, vengono di nuovo eventualmente infornate con un ripieno di formaggio: si può dunque confermare la presenza di un batarô tradizionale e di un batarô che ne rappresenta l’evoluzione commerciale, quest’ultimo arrivato durante gli anni ’90.
Di forma tonda/ovale e dalla polpa compatta, la Patata di Busseto deve il nome alla località di produzione, per l’appunto Busseto, che permette una costante e lenta crescita dei tuberi, per la natura dei suoi terreni e per le caratteristiche climatiche. L’aratura viene praticata esclusivamente nel periodo che va dal 21 marzo al 21 giugno; la semina, invece, deve essere effettuata nel periodo compreso tra il 15 aprile ed il 30 giugno; infine, la raccolta della Patata (manuale o meccanica) avverrà dal 20 di agosto fino al 30 di novembre. Non vengono ammessi trattamenti antigermoglianti con prodotti di sintesi chimica.
Come spesso avviene per prodotti artigianali ad alto contenuto di manualità, affidare ad un esatto momento storico la riuscita di un capolavoro alimentare come quello del tortello è estremamente azzardato, così come lo è elencare la miriade di varianti relative agli ingredienti dell’involucro o del ripieno. A riprova però dell’importanza che le paste ripiene rivestono nel panorama della gastronomia emiliana, si fa riferimento al manuale del 1891 di Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. La ricetta 55 del citato testo, in particolare, riporta una foggia di tortelli molto simile a quella in uso ancora oggi in tutto il Piacentino. In località Genepreto il tortello con la coda, diffuso nel Piacentino, assume la particolare variante con le ortiche.